(Fabrizio Dassano)

Se non se ne parla, è come se non esistesse. Questo è un po’ l’adagio che negli ultimi anni ci accompagna costantemente, insieme a quella che noi percepiamo come superficialità che attanaglia la società civile. Superficialità e approssimazione spesso inconsapevoli, che trovano sfogo nell’odio verbale ormai dilagante nella rete. Insomma un bell’inferno ci hanno riservato questi ultimi anni che coincidono con la rivoluzione tecnologica e le crisi finanziarie del capitalismo occidentale.

Ho fatto cuocere un cotechino domenica scorsa: volevo assaggiare i gusti dell’autunno almeno per tradizione rispetto la stagione che ci saremmo aspettati, magari anche con la nebbia. Il grasso era salito in superficie ricoprendo l’acqua. Allora ho pensato che il cotechino non si vedeva più e bisognava andare a cercarlo con la forchetta. Ma sotto quell’apparenza untuosa percepita, il cotechino c’era! Quindi per non restare a rimpiangere solo i vecchi ricordi e senza fermarsi alle apparenze, bisogna affondare la forchetta nel ventre della pentola, sfidando la pellicola dell’apparenza.

Venendo stamane al lavoro, alla radio parlavano di una brutta cosa di cui da anni effettivamente non si sentiva più parlare: il fenomeno dei suicidi. Per le statistiche i numeri sono più che allarmanti, specchio non più solo di una crisi morale del vivere in Italia, ma vero e proprio indice di depressione e solitudine conclamate!

La strage silenziosa (perché pochissimo trattata dai media) ha cifre da paura: nell’ultimo anno censito (2013) a compiere l’estremo gesto di porre fine alla propria esistenza sono state oltre 4000 persone in Italia: 352 nel solo Lazio, secondo i dati del quotidiano romano ”Il Tempo”. In prevalenza sono uomini adulti in età di lavoro, tra i quali il numero di suicidi è in costante aumento dalla crisi del 2007.

Tra i fattori che, statisticamente, riducono il rischio di tentare di togliersi la vita c’è il matrimonio. Il rischio di suicidi negli uomini vedovi o divorziati di tutte le età è di 5 volte superiore rispetto agli uomini sposati. Andamento confermato anche dai dati riferiti alle donne dove si registrano rischi 2 volte superiori nelle donne rimaste vedove o separate (soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 44 anni) rispetto alle donne sposate. Preoccupanti poi i dati generali che si occupano delle fasce d’età più giovani: nell’ultimo anno statisticamente rilevato sono stati 78 i casi di ragazzini (fino ai 19 anni di età) che hanno deciso di togliersi la vita.

Insomma, c’è di che farsi rizzare i capelli in testa, avendoceli. Le associazioni che si occupano del problema, auspicano naturalmente un impegno maggiore della politica che attui delle azioni riconoscendo la priorità di salute pubblica.

Il quadro è desolante… Nel Bel Paese non si fanno più bambini, si uccidono le donne, si blindano le frontiere, si mandano via i figli all’estero per avere una possibilità, si muore nei cantieri, i giovani guadagnano qui stipendi da miseria o finti.

Non è che i veri prossimi migranti – “depressivi”, e non più “economici” – siamo destinati a essere noi?