(Susanna Porrino)

La stagione estiva (tanto più quest’anno, dopo la fine di una quarantena prolungata) è uno dei momenti in cui l’esigenza di rispettare determinati canoni estetici, specialmente in età adolescenziale, si fa particolarmente sentita; la possibilità di essere più attivi sul piano sociale e relazionale, l’utilizzo di indumenti che rendono più evidenti le naturali imperfezioni di ognuno e il bombardamento visivo di immagini che rispecchiano un determinato modello rendono più urgenti sia l’esigenza di sentirsi accettati e inclusi nel panorama sociale sia la conseguente necessità di rivelarsi all’altezza degli standard previsti.

È indubbio che, in questo processo, facciano la loro parte le realtà sociali virtuali che permettono la comunicazione della propria immagine e l’accesso alle immagini altrui.

D’altra parte, dal primo sorgere dei social network in poi sono immediatamente emerse critiche radicali e costanti sulla cosiddetta cultura dell’apparire; molto scarsa è stata invece l’attenzione su quella che in realtà è prima di tutto una cultura dell’esserci, di un bisogno di presenza che monopolizza prepotentemente gli spazi intimi e privati della vita dell’uomo per mantenere sempre aperto un varco sul mondo esterno.

Prima ancora di diffondere e rendere universali determinati standard estetici o sociali (rispondendo ad una necessità che in realtà era già presente, se non altro nei paesi più avanzati, almeno dalla nascita della società di massa e della pubblicità con cui tale società si è formata), i social hanno determinato la cancellazione di uno spazio privato nel quale l’individuo sia in contatto esclusivamente con il presente a lui circostante.

Lo Smart Working e la didattica a distanza che abbiamo conosciuto in questi mesi hanno reso ancora più labile il confine tra una rete esterna di impegni e doveri e la realtà più circoscritta della propria quotidianità; ma già in precedenza, la grande rivoluzione apportata dalla tecnologia aveva abbattuto qualunque barriera che preservasse l’intimità.

L’eventualità di poter essere in qualunque momento contattati e di dover essere in qualunque momento pronti a rispondere al contatto, la possibilità di esporre la propria immagine ad un pubblico di sconosciuti e di attirare su di sé tutta una serie di commenti (positivi o negativi che siano) rendendosi spontaneamente oggetto di analisi e giudizio sono elementi che non hanno fatto altro che esasperare fenomeni come la sensazione di essere costantemente sotto esame, la difficoltà nell’accettazione di sé e la paura di non apparire mai abbastanza; e sono solo la punta di un iceberg la cui presenza in alcuni casi è diventata così invasiva da sfociare talvolta in atti fortemente lesivi della dignità del singolo, come nei casi di bullismo online o di revenge porn.

Occorre prima di tutto riuscire a ristabilire uno spazio nella propria individualità non accessibile al mondo esterno, in cui imparare a conoscersi e rispettarsi prima con i propri occhi che con quelli degli altri.

Occorre ricordare che esistono età in cui il proprio valore e la propria persona vanno protetti e tutelati con particolare cura, per non essere persi di vista; ignorare completamente gli standard che la società propone è un’operazione oggi ormai impossibile, ma meno ci si consente di costruire e di entrare in confidenza con un modello proprio di sé, tanto più sarà semplice essere sopraffatti da essi.