di Julian Schnabel
paese: Usa, 2018
genere: biografia-drammatico
interpreti: Willem Dafoe, Rupert Friend, Oscar Isaac,
Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner
durata: 1 ora e 50 minuti
giudizio: interessante-bello

(di graziella cortese) Il pittore Vincent Van Gogh ha avuto molti volti al cinema, a partire da un versatile Kirk Douglas nel 1956, per passare a Tim Roth diretto dal genio di Robert Altman, fino all’attore della pellicola di questa settimana, Willem Dafoe, particolarmente ispirato e somigliante al vero Van Gogh. E chissà cosa avrebbe detto egli stesso di questa moltiplicazione della propria esistenza, proprio lui che amava la vita in quanto espressione del proprio fallimento e della disperazione.

La storia ha inizio a Parigi: lì Vincent assapora l’arte della Ville Lumière (siamo negli anni 1886-1887), ma il clima invernale troppo freddo e piovoso, lo inducono a scegliere di trasferirsi in Provenza. Il desiderio di conoscere il sud e le tinte variegate del Paese lo portano a nuovi esperimenti pittorici: lì vive accanto all’amico Paul Gauguin, che però non ne apprezza le intemperanze e ha una visione del metodo artistico molto diverso.

Ad Arles Van Gogh può ricreare il suo spazio a contatto con la natura, ma i continui disaccordi e le liti con l’amico lo conducono a un episodio di follia: il taglio dell’orecchio. Solo il fratello minore Theo, che ha con lui un rapporto viscerale, riuscirà a portargli conforto e a comprendere come lo sguardo di Vincent vedesse cose che gli altri non riuscivano a vedere. Incompreso e spesso sbeffeggiato dalla gente comune (indicativa la scena con la scolaresca e l’insegnante che lo deridono), Vincent sarà rinchiuso in un ospedale psichiatrico a Saint-Rémy-en-Provence.
Anche il regista americano Julian Schnabel ama dipingere; molto apprezzato a New York ha deciso di presentare una nuova immagine dell’artista olandese, priva di cliché, con poche parole, utilizzando spesso la camera a mano e la ripresa in soggettiva.

Secondo il noto critico d’arte Philippe Daverio, Van Gogh è stato il creatore dell’espressionismo: egli dipingeva spalmando il colore con le mani, utilizzava quel giallo cromo altamente tossico che probabilmente si è rivelato per lui un veleno.