Tenuta Roletto
Risvegliopopolare.it

giovedì 27 Novembre 2025

Reale mutua
Reale mutua
Risvegliopopolare.it

giovedì 27 Novembre 2025

Oggi, 15 novembre

BETANIA DI VISCHE - Il Vescovo Daniele predica gli esercizi spirituali per coloro che Dio "non ritira dal Mondo" - Molto seguita la meditazione che ha avuto per sfondo il Cap. 2 degli Atti degli Apostoli -

 

Occasione offerta dalla Diocesi ai laici, per “fermarsi”, “incontrarsi” e riflettere sulla propria “spiritualità laicale” da vivere in modo personale e comunitario nella vita alla quale siamo chiamati come fedeli laici.

(elisabetta acide)  – Nella vita abbiamo “occasioni importanti” alle quali, a volte, non...

Incontro di formazione proposto dall'Ufficio Catechistico Diocesano

IVREA - Grande partecipazione all'incontro dei Catechisti diocesani per la formazione con Don Andrea Cavallini - Molto importante il tema trattato: "Il senso religioso del bambino - INTEGRALE IN VIDEO - La lezione di Don Cavallini, poi l'omelia di Mons. Daniele Salera e il conferimento del mandato ai Catechisti -

Come proporre la Fede ai bambini ed ai ragazzi in una società secolarizzata?

Un bellissimo clima di attesa e sorrisi di persone che si rivedevano tutte insieme dopo un bel po’ di tempo: ecco come abbiamo vissuto l’incontro dei Catechisti a Ivrea per un momento di formazione e per ricevere il Mandato da...

Molto seguita l'omelia del Parroco, Don Stefano Teisa -

FELETTO - Dalla memoria della consacrazione della chiesa parrocchiale, alla solidarietà attiva per la Chiesa che oggi soffre nel Mondo - Aderendo alla Red Week (Settimana Rossa) “illuminiamo di rosso il mondo per i cristiani perseguitati”

L'8 novembre 1750 il Cardinale Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze consacrò la Chiesa parrocchiale

(gabriella franzino – edy guglielmetti) – Su una pergamena esposta in sacrestia, a...

San Martino, il Vescovo che con il dono del mantello fece fiorire l'estate

VILLAREGGIA - Sempre viva la devozione a San Martino di Tours - Festa patronale di Fede, devozione, amicizia - Un po' di storia e poi la cronaca di giorni intensamente vissuti nella gioia e nella Speranza - La poesia a San Martino - VIDEO E GALLERY

Sempre numerosa la partecipazione di popolo alle iniziative proposte dal Parroco Don Alberto Carlevato

(Testo di Martina Acotto, immagini di  Lucia Carra, Gabriele Bisco, Martina Acotto, Sandro Frola, Claudio Frassà, Mirella Nigra, Paolo e Sara Iorio) –  San Martino di Tours è uno dei Santi più venerati in Occidente. Nato...

Alle giornate di studio quest'anno tenutesi a Torino dal 3 al 7 novembre hanno partecipato più di 150 rappresentanti di Santuari di cui è costellata la Penisola

VEROLENGO / LA MADONNINA - I Rettori ed Operatori dei Santuari italiani riuniti a Torino per il 59° Incontro Nazionale di riflessione e preghiera hanno visitato il Santuario che è punto di riferimento per la spiritualità di un territorio vasto, ai confini tra le Diocesi di Ivrea, Torino, Vercelli, Casale Monferrato - Il Vescovo di Ivrea Mons. Daniele Salera ha portato il saluto - IL VIDEO

Accolti dal Rettore del Santuario Don Valerio D'amico per la Liturgia presieduta da Mons. Domenico Sorrentino, Arcivescovo di Assisi e Foligno, concelebrante il Card. Enrico Feroci - 

Si è concluso venerdì 7 novembre il 59° incontro dei Rettori e Operatori dei Santuari italiani che fanno parte del “Collegamento dei Santuari Italiani”, quest’anno riunitisi a Torino, al Valdocco. L’appuntamento si è collocato...

Una chiave per comprendere la vita, orientare le scelte e scoprire la bellezza di un Dio che accompagna e guida ogni persona

RIVAROLO CANAVESE - Il Catechismo, sei anni di cammino per la crescita umana e spirituale di ragazzi e ragazze - Il servizio generoso e appassionato dei catechisti -

Un grazie sincero va ad Anastasia, Suor Angela, Berthe, Donatella, Franca, Francesca, Giulia, Suor Hoda, Laura, al Diacono Livio, Rosaria, Ornella, Raffaele, Robertilla e al Diacono Simone

(Don Antonio Luca Parisi) – Il percorso di catechesi delle Parrocchie di San Giacomo e San...

Caricamento

DIETRO LO SCHERMO di GRAZIELLA CORTESE

Il maestro

Dopo l’overdose di sfide epocali tra il nostro campione Jannick Sinner e Carlos Alcaraz, è...

L' "appello" rivolto ai defunti della due guerre ed ai partigiani partiti dal paese, richiamo severo a non dissipare il valore della pace, dono di Dio affidato agli uomini -

CUCEGLIO - Quella "Sveglia" che ricorda il legame, oltre la materia, dei giovani cucegliesi al fronte, nella Prima Guerra Mondiale - Quei ragazzi chiamati ad una prova drammatica ed esigente, proprio in coincidenza con l'Armistizio di Villa Giusti udirono una suadente melodia, presagio di pace e del ritorno a casa - VIDEO E GALLERY

Tradizione unica nel panorama non soltanto diocesano, suscita una sempre viva e sincera partecipazione di popolo -

(fabrizio conto) – Come da tradizione si è svolta oggi a Cuceglio la cerimonia del IV Novembre. Alle 5 del mattino la Fanfara della Società Filarmonica Cucegliese “La Fratellanza” ha “buttato giù dalle...

All'Istituto Betania del Sacro Cuore di Vische

CUCEGLIO, OZEGNA, AGLIE', LUSIGLIE', SAN GIORGIO C.SE - Il pellegrinaggio giubilare di 5 comunità unite che dicono di un'autentica sinodalità - IN VIDEO L'OMELIA DI DON LUCA MEINARDI

Molto seguita anche la catechesi di Don Luca sui segni del Giubileo, poi il pomeriggio è trascorso tra momenti di tranquillità presso il monastero e le confessioni per ricevere l'indulgenza plenaria prevista nel Giubileo. 

(fabrizio conto) – Pomeriggio ricco di fede e di bellezza quello vissuto lo scorso 18 ottobre al Santuario del Sacro Cuore di Vische dalle Comunità Parrocchiali di Cuceglio, Ozegna, San Giorgio C.se, Agliè e Lusigliè. Le...

DESCRITTI CON PRECISIONE NON FURONO PERÒ USATI DALL’ARMATA FRANCESE CHE CAPITOLÒ NEL 1706

17 guadi sulla Dora per proteggersi dai francesi

La relazione anonima, oggi all’Archivio di Torino, fu inviata a Vittorio Amedeo II

(di Fabrizio Dassano)

I primi del XVIII secolo videro una nuova, enorme guerra che sconvolse gran parte d’Europa non...

PONT CANAVESE – Festa della “Virgo Fidelis”, testimonianza di un triplice fedeltà, alla Legge, a Dio, all’uomo

(giancarlo guidetti) – Chiesa gremita presso la parrocchia di S. Costanzo di Pont Canavese per la celebrazione della festa della “Virgo Fidelis ” patrona dell’ Arma dei Carabinieri, sabato 22 novembre 2025, per la giurisdizione della Compagnia di Ivrea della “Benemerita”.
La Madonna, Madre di Dio e dell’umanità, dunque, Patrona dell’Arma dei Carabinieri, dell’Arma percepita come il presidio di legalità e sicurezza, non meno che di ascolto, più vicina al cittadino, alle municipalità, anche per la sua vasta articolazione territoriale.
La ricorrenza fu istituita da Papa Pio XII l’11 novembre 1949.
Dunque, una festa “giovane”, donata dalla Chiesa nell’immediato Dopoguerra, cogliendo una viva sintonia con il sentire del popolo di Dio, ancora tormentato dal ricordo, tutt’altro che elaborato ed ancor meno “metabolizzato” dalla memoria, della tragedia della guerra.
E, nella Seconda Guerra Mondiale, illustrarono doti di eroismo i Carabinieri, nell’ epica Battaglia di Culqualber conclusasi, dopo tre mesi di combattimenti (ci ritorneremo tra poche righe), proprio il 21 novembre 1941.
***
E’ sempre la pietà popolare ad inverare una sorta di “magistero” che nasce dal cuore (meglio dir così che “dal basso”) quando avverte – così nel corso dei secoli – come propria una ricorrenza la cui radice, comunque permeata di fede autentica, non attinge dalla Sacra Scrittura, bensì da narrazioni evangeliche “apocrife”, ma non per questo giudicate dalla Chiesa come falsa dottrina.
Si tratta, come sappiamo, della Presentazione di Maria al Tempio.
Invero, le numerose iridescenze che richiamano alla nostra devozione la figura di “Maria Bambina”, altro non fanno che aiutarci a meditare il mistero di una umanità che è tale in tutte le sue fasi (dalla Natività, fino alla “dormitio Virginis Mariae”) e, tuttavia, Lei sola nell’umanità, preservata dal peccato originale in previsione di quella maternità divina che ci avrebbe reso fratelli del Salvatore e – anche se dimostriamo così spesso di non comprenderlo – fratelli tra noi: figli di un unico Padre.
Nel giorno del 21 novembre, dunque, convergono tre canoni di riflessione e memoria: l’istituzione del patronato di Maria per l’Arma dei Carabinieri, la festa della presentazione di Maria al tempio e la fine di quella battaglia di Culqualber in Etiopia che, pur nell’esito infausto, illustrò l’eroismo dei Carabinieri. Eroismo che fu subito riconosciuto anche dal nemico vincitore.
Battaglia combattuta nella zona di Gondar in Etiopia dal 6 agosto al 21 novembre 1941 fra italiani e britannici; tale fu il valore con cui si immolarono i Militi dell 1° Gruppo Mobilitato dei Carabinieri, che ai pochi sopravvissuti, gli avversari, tributarono l’ onore delle armi.
La bandiera dell’ Arma dei Carabinieri fu insignita della medaglia d’oro al valore militare.
Come ieri, anche ai nostri giorni innumerevoli sono i campi di battaglia in cui si cimentano i nostri Militari: atti di eroismo, sacrifici, fedeli a quei veri valori fondamentali, a difesa, anche a costo della propria incolumità, dei cittadini contro ogni tipo di sopruso.
Tanti, troppi sono i militari che hanno pagato dando il loro contributo contro ogni tipo di violenza,  lasciando vedove ed orfani.
La celebrazione si unisce, anche alla ” Giornata dell’ Orfano ” Ente nato nel 1848 sostenuto da contributi volontari dell’ Arma, una delle più antiche e concreta espressione di solidarietà dell’ Istituzione, che si dedica all’ assistenza, al sostegno, alla crescita ed alla formazione degli Orfani dei Militari dell’ Arma dei Carabinieri.
Una festa, ancora, profondamente legata alla nostra terra, il Piemonte, che in fondo è anche al culla dell’ Arma dei Carabinieri, di cui la Vergine è Patrona.
Fu, infatti, un Ordinario Militare originario di Cavallerleone, in provincia di Cuneo, l’Arcivescovo Carlo Alberto Ferrero, a comporre la “Preghiera del Carabiniere”, lettura immancabile nella Liturgia che consacra questo giorno all’impegno ed al sacrificio dei Militi dell’Arma, la Benemerita
La S. Messa presieduta a Pont dal cappellano militare Tenente Colonnello Don Diego Maritano concelebrata dal parroco Don Gian Paolo Bretti e dal Diacono Maurizio Rastello, (il nostro video ne ripropone un’ampia sintesi) ha vissuto momenti di rara intensità.
Non è mancata la partecipazione, oltre che della comunità di fedeli, della locale corale, ai tanti militari, dei rappresentanti delle Istituzioni civili, di Regione, Provincia dei tanti Sindaci del territorio e delle tante Associazioni.
E’ proprio la presenza di molte “fasce Tricolori” a testimoniare efficacemente, meglio delle parole, il legame tra le Comunità locali e le Stazioni dei Carabinieri che costellano province e regioni.
Per tutti i Sindaci del territorio ha portato un apprezzato saluto il Primo Cittadino di Pont Canavese, Paolo Coppo.
A tutti il nostro Grazie, ma ci sia concesso il nostro grazie particolare al Cap. Armir Gjeci Comandante della Compagnia di Ivrea (alla sua prima uscita) che, in occasione della lettura della ” Preghiera del Carabiniere ” a nome di tutti i militari, ha rinnovato invocazione di aiuto e protezione, di promessa di fedeltà (nei secoli fedele).
La fedeltà valore fondamentale che tutti siamo invitati a testimoniare, ricordando in particolare il ruolo dell’Arma nell’assicurare sempre ai cittadini legalità e sicurezza.
***
Per restare sempre aggiornati sulla comunicazione pastorale proposta da www.risvegliopopolare.it, è possibile iscriversi al nostro
Canale di Whatsapp – cliccando qui –
Ciascuno di Voi (ogni persona, Parrocchia, gruppo, Ente, Istituto) può inviare corrispondenze, appunti, fotografie, brevi filmati, anche utilizzando la casella mail dedicata all’edizione web
risveglioweb@risvegliopopolare.it
 che sarà come sempre scaricata ogni giorno.
Tutti i Vostri contributi saranno subito esaminati.
 Chi preferisce potrà utilizzare whatsapp al numero
 335 8457447 
Grazie
 ***

 

Quei piccoli gesti che danno senso all’amore, unico motore che muove “il sole e le altre stelle” (di Lorenzo Iorfino)

Ci sono gesti tanto piccoli da sembrare invisibili, eppure capaci di custodire e rinnovare ogni giorno l’amore: gesti che non sostituiscono le grandi scelte, ma le rendono vive, concrete, piene di respiro. Vale per i fidanzati, come per gli sposi: un legame cresce davvero quando trova il coraggio di nutrirsi della delicatezza quotidiana. La scorsa settimana 2 episodi, molto diversi tra loro, me lo hanno ricordato con forza.
Il primo è accaduto durante un’adorazione eucaristica a tema vocazionale. Era stato invitato un predicatore straordinario, e l’atmosfera era densa di silenzio, di ascolto, di attesa. Mi emoziona sempre vedere le coppie in momenti così. Con l’occhio del fotografo mi metto alle loro spalle e guardo il Santissimo che si staglia tra le loro silhouette: un’immagine profetica dell’impronta che desiderano dare al loro cammino e della chiamata alla santità che un giorno si compirà nel matrimonio. Basta una mano che stringe un’altra, una testa appoggiata alla spalla, per dirsi l’immensità di ciò a cui sono chiamati e la gioia di viverlo insieme.
Custodisco nel cuore un ricordo simile, tra i più preziosi dei miei sei anni e mezzo di fidanzamento. Eravamo a Oropa: io in ginocchio davanti alla Vergine, lei in piedi accanto. In un momento per me difficile, quella carezza lieve è bastata a colmarmi il cuore. Non serviva altro: solo la presenza di chi accompagna la tua preghiera, la fa sua, e desidera camminare con te nella vita di tutti i giorni. È un ricordo vivo, che affido solo ora ai lettori, e che ancora oggi scalda il cuore come allora. Ma i gesti d’amore non devono necessariamente nascere dentro un’esperienza di fede. Sono preziosi anche i fiori dopo una giornata estenuante, la colazione portata dalla pasticceria, la capacità di cogliere i momenti chiave dell’altro e farli fiorire.
Il secondo episodio che mi ha colpito è semplice e bellissimo: un’amica che, all’ultimo, prende il treno per sorprendere il fidanzato il giorno della discussione della tesi. Sarebbe potuta arrivare soltanto alla proclamazione, ma ha capito quanto fosse importante quel momento per lui. È rimasta in disparte, senza imporsi, lasciando spazio ai compagni di studi. Ma era lì. E questo bastava.
Sono questi piccoli gesti a cambiare le giornate; e, se cambiano le giornate, cambia anche il cammino condiviso. La relazione prende una piega viva, attenta, in cui l’utilità lascia il posto alla gratuità e alla più sincera carità cristiana. Se l’amore è davvero il motore che muove “il sole e le altre stelle”, lasciamo che anche la nostra vita sia mossa da un motore così nobile. E che siano i piccoli gesti a testimoniarlo.

Guntigi duca di Ivrea, nell’Adelchi di Alessandro Manzoni, infedele a Desiderio e votato a Carlo (di Michele Curnis)

Foto: Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Sala Manzoniana: ritratto di Alessandro Manzoni (olio su tela realizzato nel 1835 da Giuseppe Molteni; il paesaggio sullo sfondo con una
veduta di Lecco è opera di Massimo d’Azeglio)
Oltre ai numerosi documenti storici che possono far luce sulla fase di passaggio dall’Ivrea longobarda a quella carolingia esistono anche quelli letterari. Tra di essi la tragedia Adelchi di Alessandro Manzoni rappresenta il più autorevole e interessante, non soltanto per la qualità artistica.
Com’è noto, Manzoni pubblicò il suo dramma per l’editore Vincenzo Ferrario (Milano 1822), accompagnandolo con un Discorso sur alcuni punti della storia longobardica in Italia, collocato in calce al testo poetico.
Ma lo scrupolo storiografico dell’autore non si espresse soltanto con quell’elegante e, in alcuni punti, ironico libello: la tragedia è infatti preceduta da una quindicina di pagine di Notizie storiche (distinte in “Fatti anteriori all’azione compresa nella tragedia” e “Fatti compresi nell’azione della tragedia”), oltre che da cinque pagine di Costumanze caratteristiche alle quali si allude nella tragedia; insomma, un articolato compendio di ricerche e di riflessioni filologico-erudite che arricchiscono il contesto narrativo e giustificano numerose scelte dell’autore sul piano storico.
Ambientata tra gli anni 772-774, Adelchi è la storia della disfatta dei Longobardi di Desiderio e di suo figlio Adelchi, sconfitti dai Franchi di Carlo (il futuro Carlo Magno).
Al di là della vicenda, è il secondo esperimento manzoniano di “tragedia cristiana”, dopo l’esordio con Il Conte di Carmagola (1820). Con l’evidente proposito di enfatizzare l’effetto teatrale delle relazioni politiche tra i vari personaggi, Manzoni insiste sul tema del tradimento di alcuni Longobardi, o meglio sulla loro mancata fedeltà, avvalorando una notizia trasmessa esclusivamente dall’anonimo Chronicon Salernitanum (Cap. 9: Sed dum iniqua cupiditate Langobardi inter se consurgerent, quidem enim e proceribus Lango-bardis clam legationem mittunt Karolo, Francorum regi, quatenus veniret cum valido exercitu et regnum Italiae sub sua ditione obtineret, tradotto praticamente alla lettera dallo stesso Manzoni nella parte introduttiva: “In quel torno di tempo, essendo i Longobardi divisi di voleri e di parti, alcuni dei primati tennero pratica con Carlo, l’invitarono per messi a scendere in Italia con forte esercito, e ad impadronirsi del regno, promettendogli di dargli in mano Desiderio e le sue ricchezze”).
Sia nelle Notizie storiche sia nel Discorso il narratore argomenta la bontà di tale notizia, su cui si basa a tutti gli effetti l’azione del III e del IV Atto della tragedia. Ed è appunto il Duca di Ivrea, Guntigi, il principale responsabile del tradimento, o meglio della mancata “fedeltà” a Desiderio.
Tale Guntigi non può essere ricondotto ad alcuna corrispondenza storica precisa: anche il suo nome è invenzione manzoniana, basata su parallelismi onomastici delle fonti, al pari degli altri duchi che compaiono nella tragedia (Ilde-chi, Indolfo, Farvaldo, Ervigo). La plausibilità della sovrapposizione tra il “tipo” del traditore e la figura funzionale del duca di Ivrea è tutta geografica: Manzoni immagina che, dopo essere riusciti a sfondare le Chiuse d’Italia presso Susa, molto probabilmente i Franchi si siano diretti verso il più vicino e importante ducato, ossia quello di Ivrea, e lo abbiano occupato, sottraendolo al controllo del suo signore longobardo.
Nella scena IX del III Atto, quando Adelchi progetta la difesa di Pavia e di Verona dopo la disfatta di Susa, è lo stesso Desiderio a scegliere il Duca d’Ivrea, scacciato dal suo territorio, quale più fidato vassallo. Ed è per questo che a Pavia il re dei Franchi invia segretamente l’oscuro soldato Svarto, il traditore per eccellenza, a sobillare Guntigi, già incerto e vacillante sul futuro dei Longobardi.
Prima di discorrere con l’emissario di Carlo, Guntigi pronuncia un lungo monologo sulla fedeltà politica (IV), confessando di aver già deciso di abbandonare il regno longobardo e di passare al servizio dei Franchi, ormai vittoriosi ovunque.
Nella parte centrale e finale di questo lungo intervento, Guntigi si rivolge polemicamente agli assertori della fedeltà politica, nel tentativo di convincerli che hanno torto. Secondo Gun-tigi, infatti, i censori della morale agiscono sotto la spinta dell’ipocrisia e della malvagità, preferendo nutrire pietà per i fedeli (sconfitti) che non invidia per i traditori (vittoriosi). “Certo, se a voi consiglio | chieder dovessi, dir m’udrei: rigetta | l’offerte indegne; de’ tuoi re dividi, | qual ch’ella sia, la sorte. – E perchè tanto | a cor questo vi sta? Perché, s’io cado, | io vi farò pietà; ma se, tra mezzo | alle rovine altrui, ritto io rimango, | se cavalcar voi mi vedrete al fianco | del vincitor che mi sorrida, allora | forse invidia farovvi; e più v’aggrada | sentir pietà che invidia. Ah! non è puro | questo vostro consiglio”.
La meschina ed egoista morale di Guntigi, pertanto, costituisce in termini individuali la base del fenomeno politico di integrazione dei gruppi aristocratico-militari del regno longobardo in quello franco: un fenomeno che Manzoni rilegge in chiave nazionale, come costante oppressione degli abitanti italici da parte di dominatori stranieri (ora longobardi ora franchi). È, naturalmente, il tema del celebre primo Coro della tragedia, “Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti”, posto a conclusione del III Atto (ossia, subito dopo la scena in cui Desiderio decide di affidare la protezione di Pavia e di se stesso a Guntigi).
L’opportunista vassallo longobardo non è certo una figura di primo piano nella tragedia di Manzoni, offuscato com’è dalle presenze di Adelchi, Desiderio, Ermengarda, Carlo, Anfrido, il diacono Martino … Eppure, nello sviluppo drammaturgico della narrazione, il ruolo del duca di Ivrea è essenziale per comprendere la katastrophé della tragedia. Allorché Svarto lo raggiunge sugli spalti di Pavia assediata, Guntigi non gli nasconde l’amarezza per il fatto che Ivrea sia stata ceduta ad altri (“Ei prese | la mia cittade, e ne fe’ dono altrui; | né resta a me che un titol vano”, IV iv). Svarto lo rassicura immediatamente, spiegandogli che il torto subìto (il non essere stato integrato immediatamente nel sistema di potere franco) fa parte della strategia, il cui fine è che tutti credano Guntigi un nemico implacabile di Carlo.
Al contrario, il re dei Franchi ha già stabilito per lui ben altra ricompensa, se farà in modo di aprire le porte di Pavia e consegnargli il vecchio re Desiderio (“Carlo a’ tuoi pari dona | e non promette: Ivrea perdesti; il Conte, | prendi, (gli porge un diploma) sei di Pavia”). A partire da questo momento, la parola e l’azione di Guntigi non nutrono più alcun dubbio e si consegnano interamente alla causa di Carlo. Perdendo qualunque scrupolo, il carattere cessa di risultare interessante e scompare dall’intreccio, non prima però di un’ultima doppia esternazione.
1) La viltà: Guntigi chiede a Svarto di sottrarsi all’obbligo di consegnare personalmente il suo re, fatto prigioniero, al re dei Franchi (“Ch’io, preso | il re consegni al suo nemico, questo | Carlo da me non chieda; io fui vassallo | di Desiderio, in dì felici; e il mio | nome d’inutil macchia io coprirei”).
2) La propaganda servile: la nuova agenda politica di Guntigi è sorretta da un lessico degno del peggior machiavellismo (giacché i Longobardi sono, a suo dire, “Stanchi e sfidati i più, sotto il vessillo | stanno sol per costume: a lor consiglia | ogni pensier di abbandonar cui Dio | già da gran tempo abbandonò; ma in capo | d’ogni pensier s’affaccia una parola | che gli spaventa: tradimento. Un’altra | più saggia a questi udir farò: salvezza | del regno; e nostri diverran: già il sono”).
Guntigi non è né malvagio né vendicativo; pur essendo un traditore, responsabile della disgrazia definitiva di Desiderio e di Adelchi, gli interventi che Manzoni pone sulla sua bocca non sono diabolici né ambigui. Egli è rappresentazione della viltà, apparentemente complessa appunto perché priva delle caratteristiche convenzionali di un antagonista drammatico.
Il suo ritratto si comprende soltanto in funzione dell’economia della “tragedia”, come intuì quasi un secolo fa un ottimo interprete del teatro manzoniano (a sua volta esperto uomo di teatro), Onorato Castellino: “Non è […] una torbida passione quella che induce Guntigi al tradimento, e non è mai grande, neppure nel male, la sua figura di traditore ragionato ed oscuro. Per questo si perde nella più vasta risonanza della tragedia la viltà del suo gesto che più nessuno ricorda e nessuno incolpa: poiché la fine dei Longobardi era già segnata dal volere della Provvidenza prima che il tradimento di Guntigi aprisse a re Carlo le porte di Pavia” (SEI, Torino 1934, p. 126). Forse anche per questo il ricordo di Ivrea longobarda si è affievolito, mentre si imponeva quello, foriero di assai più importanti sviluppi, di Ivrea carolingia.
Frammento della prima edizione dell’Adelchi di Alessandro Manzoni (Ferrario, Milano 1822, p. 100) in cui appare per la prima volta il personaggio del Duca di Ivrea, Guntigi.

Consumare le suole: il giornalismo che fa vivere i settimanali diocesani

“Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in giornali fotocopia o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, di palazzo, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più consumare le suole delle scarpe”.
Lo scriveva Papa Francesco nel messaggio per la 55ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Era il 2021. Sono passati cinque anni e i rischi paventati dal Santo Padre per il mondo dell’informazione, e di riflesso per i cittadini sono immutati. Anzi, quel che si registra è una continua crescita dei social, capaci di plasmare il linguaggio dei loro fruitori e di abbassare – conseguenza terribile – il loro livello di attenzione, soprattutto fra i più giovani.
L’informazione fotocopia è già uno dei grandi mali delle nostre democrazie, ai quali dobbiamo rispondere con un rinnovato slancio giornalistico, ritrovando lo spirito originario e tornando a consumare le suole delle scarpe. Andare e vedere per raccontare con il cuore, mettendosi nei panni dell’altro, senza giudicare, con un linguaggio disarmato che punti a gettare ponti anziché innalzare muri.
Quando ogni giorno i nostri giornali locali della Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) narrano le storie di vita fanno esattamente questo: vanno, vedono, raccontano con il cuore e si richiamano all’insegnamento della Chiesa che chiede di guardare agli ultimi, di mettere al centro le persone e le comunità rendendo anche un servizio alla democrazia. Se non ci fossero i giornali locali cosa ne sarebbe di queste comunità, di tante belle storia di solidarietà, amicizia, coraggio che partono dal basso? Delle grandi preoccupazioni di questo nostro tempo, dalla denatalità alla mancanza di servizi?
I giornali locali, giornali di comunità, rappresentano una risorsa per il nostro sistema Paese, sono uno degli elementi su cui si basa la nostra democrazia e in un mondo sempre più sottoposto a influenze esterne e a messaggi devianti sono un antidoto alla disinformazione. Rappresentano uno strumento delicato, fragile, ma imprescindibile, per evitare di ritrovarci tra qualche anno a dover amaramente renderci conto che l’informazione che ci passa sotto il naso è tutta uguale. Fotocopia.
www.unitineldono.it

Vincere le elezioni per gestire il potere, o governare il Paese con un programma credibile?

Le elezioni regionali in Campania, Puglia e Veneto hanno confermato le previsioni della vigilia: il “campo largo” ha riconquistato la Campania e la Puglia, il destra-centro il Veneto. Sondaggi “azzeccati” anche per l’astensionismo, che ha raggiunto il 56%, con una crescita in cinque anni di quasi il 15%. I tre nuovi governatori (Antonio Decaro, Pd, a Bari; Roberto Fico, pentastellato, a Napoli; Alberto Stefani, Lega, Venezia) ottengono il consenso di una minoranza di elettori, circa il 25%. Non è un bel segnale per le istituzioni democratiche né per l’Ente Regione. Il distacco dei cittadini investe sia la leadership nazionale sia la dirigenza locale: la personalizzazione del confronto non ha smosso l’opinione pubblica (più interessata ai contenuti programmatici) e la stessa discesa in campo dei leader nazionali non ha mutato l’ambiente.
Meloni, Tajani, Salvini e Lupi, da un lato, Schlein, Conte, Bonelli, Fratoianni e Renzi dall’altro hanno motivato i loro sostenitori, ma non hanno intercettato la maggioranza astensionista, anzi… Il bipolarismo destra-sinistra appare bloccato, trent’anni dopo la caduta della prima Repubblica e la nascita del binomio Berlusconi-Prodi, origine di forti passioni politiche.
Oggi, per rispondere all’astensionismo, torna d’attualità la riforma della legge elettorale. Il Governo, preoccupato per il voto nel Sud che potrebbe determinare un “pareggio” alle Camere con il “campo largo” modello Franceschini, pensa all’abolizione dei collegi uninominali e all’introduzione piena del sistema proporzionale, assegnando tuttavia un premio maggioritario alla coalizione di liste che superano il 40% dei voti espressi. In altre parole la conferma del bipolarismo. Il “campo largo” contesta questa ipotesi di riforma, ritenuta pro-Meloni, ma con posizioni diverse: il Pd difende i colleghi uninominali mentre Conte e i Centristi vedono bene il ritorno al proporzionale, ovviamente senza premi di maggioranza.
Il nodo gordiano da sciogliere riguarda l’obiettivo della politica: vincere le elezioni per gestire il potere, o governare con un programma credibile?
Il limite attuale nella politica italiana, avvertito dagli elettori, è la confusione all’interno dei due Poli: emblematico il giudizio sulla prima proposta Trump sull’Ucraina, valutata pro-Putin anche da esponenti repubblicani del Congresso USA: a favore Salvini in maggioranza e Conte nel “campo largo”; contrari il ministro degli Esteri Tajani, Schlein, Renzi, Bonelli, Fratoianni; a metà strada la Meloni. Il risultato finale è un ruolo marginale dell’Italia in politica estera, con una guerra atroce alle porte di casa.
La stessa situazione si registra sui rapporti con Bruxelles e sul futuro dell’Europa: contrari all’Esecutivo von der Leyen, per ragioni diverse, Salvini e Conte; favorevoli Forza Italia e Pd, “astenuta” la Meloni. Ed anche sul bilancio dello Stato il clima non è molto diverso: il ministro dell’Economia Giorgetti ha ottenuto un riconoscimento dalla prestigiosa agenzia di rating Moody’s per aver riportato il deficit pubblico nel limiti del 3%, come chiedeva Bruxelles; ma la scarsità delle risorse fa litigare Tajani e Salvini sui tagli da effettuare. Nel “campo largo” – altro esempio – la sinistra ha bocciato il ruolo dei genitori nel delicato settore dell’educazione sessuale a scuola; ma la famiglia, secondo l’articolo 29 della Costituzione (scritto da Nilde Jotti e Giuseppe Dossetti) è una realtà essenziale: “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
In questo quadro convulso, una eventuale riforma elettorale dovrà consentire ai cittadini di scegliere la classe dirigente su precisi programmi, tra cui il rispetto di ogni persona, il rifiuto all’odio, la ricerca prioritaria del “bene comune”.
Per le Regioni, infine, va ripensato il loro ruolo, ponendo fine alla guerra intestina tra “ricchi e poveri” avviata dal ministro Calderoli. I Veneti non sono andati a votare come i Campani e i Pugliesi: nord e sud rigettano riforme di facciata e non chiedono la disunione nazionale.
Nei pochi mesi (forse 18) che ci separano dalle politiche è auspicabile il ritorno ad uno spirito costituente, nell’interesse del Paese, come chiede – senza timori – il Presidente Sergio Mattarella.

Caricamento